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Note biografiche | Giuseppe Santonocito




Giuseppe Santonocito Chi sono [
Psicologo, psicoterapeuta e coach specializzato in Psicoterapia Breve Strategica, ipnoterapeuta, psicologo del lavoro e delle organizzazioni.

Mi occupo da oltre 20 anni di percorsi brevi di cambiamento, consulenza psicologica e terapia breve, sia in presenza nel mio studio di Signa (Firenze) che a distanza tramite videochiamata, per individui, coppie, famiglie, gruppi di lavoro.

In un modo o nell'altro ho sempre lavorato nel campo della comunicazione e ogni comunicazione, che lo si voglia o meno, produce sempre cambiamenti in chi ci sta di fronte. Perciò tanto vale assumersene la responsabilità e far sì che siano cambiamenti utili.

La mia vita personale e professionale è stata a tratti avventurosa, a momenti più tranquilla, mai noiosa. Perché ho scarso interesse per le attività dove non si possono imparare idee da applicare e utilizzare in modo pratico.

Riconosco l'importanza dell'istruzione formale, quindi scuola, università e specializzazioni. Ma resto convinto che la disponibilità a imparare da soli e a spaziare attraverso vari orizzonti, quindi autodidattica e multidisciplinarietà, hanno un valore aggiunto inestimabile. Perché nel mondo in cui viviamo hanno molta importanza la flessibilità e la velocità di adattamento, oltre al cosiddetto pezzo di carta.

La mia vita in breve


Mi sono diplomato in elettronica industriale; allora non esistevano le scuole d'informatica, settore che stava appena nascendo. Agli orali della maturità fui il primo della scuola a essere interrogato. Uscì la "S" nell'estrazione a sorte e perciò il mio cognome fu il primo della lista.

Ricordo ancora com'ero vestito: camicia verde brillante, jeans bianchi e Stan Smith.
Giuseppe Santonocito Ufficiale dell'Esercito
Ho svolto il servizio militare nell'Esercito come ufficiale supervisore della manutenzione dei sistemi di tiro contraerei. Ero poco più di un ragazzino, a 19 anni. L'età media in Esercito, allora, era piuttosto bassa.

Subito dopo ho iniziato a lavorare in Officine Galileo, storica grande azienda del fiorentino. Ero programmatore per sistemi di tiro contraerei.

Dopo circa un anno, il mio periodo in Brasile. In seguito a una vacanza estiva con due amici, rimasi affascinato da quella terra e decisi di trasferirmi là

Quella meravigliosa parentesi servì a scrollarmi di dosso le zone di comfort rimaste addosso dall'infanzia, potendo contare unicamente su me stesso e rendendomi conto, fra l'altro, di essere portato per le lingue. In 15 giorni potevo già conversare abbastanza bene con i locali e in capo a pochi mesi imparai talmente bene pronuncia e sintassi da essere scambiato per uno di loro.

Sono stati giorni entusiasmanti. Vivere in un paese straniero - e il Brasile degli anni 80 poteva a buon diritto essere definito un mondo a parte - ti costringe a rivedere tutto ciò che credevi di sapere: il valore della vita, le tue priorità, quanto ti puoi fidare, il modo in cui le persone che vivono ai margini della società si relazionano con te. Tutto quello che davi per scontato devi rimetterlo in discussione.
La bahiana dell'acarajé
A causa del mio essere straniero (i brasiliani danno valore a ciò che è importato) ho avuto modo di conoscere persone comuni, facoltosi industriali e capi di stato, esponenti religiosi. Persino i criminali si mostravano amichevoli con me.

Molti brasiliani erano portatori di luoghi comuni scontati sugli italiani e pensavano fossi un affiliato a qualche cosca mafiosa emigrato in Sud America per sfuggire alla legge.

E infine ho avuto il privilegio e la fortuna di conoscere mia moglie Rita.

Sono esperienze da cui esci trasformato, arricchito. Torni nel tuo paese e ti senti come uscito dalla caverna di Platone. O come quello che ha preso la pillola rossa. Ti lasci alle spalle le piccinerie e i grilli nella testa, le paure inutili, le credenze mai dimostrate.

Andare a vivere in un paese straniero è un'esperienza che raccomando a ognuno. Specie negli anni più verdi e possibilmente in una cultura il più possibile diversa da quella natale.

Tornato in Italia alcuni anni dopo, ho lavorato come progettista software in Esaote Biomedica, altra grande azienda, specializzata nella produzione di apparecchiature biomedicali.

Ma ormai la prospettiva di passare il resto della vita lavorando per altri non mi attirava più. Perciò dopo alcuni anni mi licenziai e iniziai un'attività come consulente informatico freelance.

Dopo l'uscita dall'azienda ero rimasto in contatto con un ex collega Esaote, anche lui dimissionario. Perciò ci mettemmo in società e progettammo insieme il primo elettromiografo portatile della storia. Trovammo una rete di vendita e lo commercializzammo con un discreto successo, in molti paesi del mondo.

Nel frattempo lavoravo anche come traduttore e interprete per il portoghese e l'inglese, soprattutto nel settore tecnico. Mia moglie è stata preziosa sia per il reperimento di nuovi clienti sia nel controllo di qualità delle traduzioni.
Università di Firenze
Nel 97 mi sono iscritto alla Facoltà di Psicologia di Firenze, con indirizzo psicologia del lavoro e delle organizzazioni. Coltivavo da sempre il sogno di studiare psicologia, ma per un motivo o per l'altro non ero ancora riuscito a realizzarlo.

Di giorno lavoravo. La sera dopo cena facevo le ore piccole, studiando. Frequentavo quando potevo, ma alla fine riuscii a laurearmi con il massimo dei voti, con la tesi: "Lo stile comunicativo non verbale nella persuasione". Dopo la laurea ho svolto parte del mio tirocinio presso il Centro di Terapia Strategica di Arezzo. Una particolarità di quella scuola è l'uso della videoregistrazione delle sedute, per via della tradizione sistemico-relazionale da cui la terapia strategica discende. Vedere all'opera un terapeuta esperto, in migliaia e migliaia di sedute con i pazienti, può insegnare molto se si è pronti a rubare con gli occhi.

È stato così che mi sono appassionato alla clinica, ho deciso di iscrivermi alla scuola e specializzarmi in psicoterapia breve strategica.

Durante l'università e il periodo di specializzazione ho frequentato molti seminari, laboratori e corsi di perfezionamento e sviluppo personale, ampliando ulteriormente il mio repertorio di tecniche di comunicazione e intervento, con le persone e con le aziende. Ipnosi, conduzione di gruppi, formazione aziendale sono alcune delle tematiche che ho seguito e di cui ho fatto tesoro.

Sono referente scientifico di Medicitalia.it, il primo portale di medicina online italiano.

Iscritto all'Ordine degli Psicologi della Toscana con il numero d'iscrizione 4612.

Perché le parentesi graffe?


Le parentesi graffe { } sono usate in molti linguaggi di programmazione C-like, cioè simili al linguaggio C, per delimitare i blocchi di istruzioni, che possono a loro volta contenerne altri.

Sono in un certo senso l'alfa e l'omega della programmazione. Ogni programmatore prova un piccolo piacere digitando le parentesi graffe. È un po' come sentirsi creatori di un piccolo pezzo di universo di cui tu stesso hai deciso forma, funzione e caratteristiche, assumendotene ogni responsabilità: se funziona, lo hai fatto tu. Se non funziona, lo hai fatto sempre tu.

Questa è l'essenza della programmazione, nel creare sistemi oltre un certo livello di complessità: diventi fautore di un mondo con regole proprie, che tu hai stabilito. Infatti molti programmatori sono un po' ossessivi, inutile negarlo.

Tuttavia, volendo elencare i tratti fondamentali di ogni grande programmatore, intelligenza, pigrizia e sfacciataggine andrebbero messe al primo posto._

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