Hai sentito parlare di terapia cognitivo-comportamentale e di terapia breve strategica. Forse hai trovato questi termini su internet e stai valutando se scegliere l'una o l'altra.
Ti sei già chiesto quali sono le differenze?
Che cos'è la terapia cognitivo-comportamentale (TCC)
In estrema sintesi si tratta di questo. Immagina di avere un pensiero che ti blocca, come: "Non sono abbastanza bravo". Questo pensiero crea emozioni negative, tipo ansia o tristezza, che possono portarti a comportamenti di evitamento delle situazioni difficili. La TCC lavora partendo da questi pensieri disfunzionali.
Il terapeuta ti aiuta a individuare i pensieri "tossici", quelli che ti fanno sentire male, e ti insegna a ristrutturarli. Ad esempio, potresti imparare a trasformare "non sono bravo" in "posso migliorare con l'esperienza". È un processo graduale e richiede tempo, ma può essere efficace.
Dobbiamo anche dire che, nel tempo, la terapia cognitivo-comportamentale ha attraversato almeno tre ondate, che l'hanno rivoluzionata e resa molto diversa rispetto a ciò che era in origine.
Prima ondata: comportamentismo (anni 50-60) La prima ondata fa capo al comportamentismo puro, a Pavlov, Skinner e Watson, stimolo-risposta e condizionamento classico e operante. Le tecniche terapeutiche che dobbiamo a questa fase sono l'esposizione graduale, il rinforzo positivo e negativo, e il modeling, quest'ultimo attraverso l'apprendimento vicario di Albert Bandura e il suo comportamentismo sociale. Le persone non imparano solo attraverso l'esperienza diretta (condizionamento classico o operante), ma anche osservando gli altri e le conseguenze delle loro azioni. Rubare con gli occhi, come si dice.
Il limite del comportamentismo puro era trascurare gli aspetti cognitivi, emotivi e interpersonali dei disturbi psicologici.
Seconda ondata: cognitivismo (anni 60-80) Nella seconda ondata del cognitivismo, gli autori di riferimento sono Beck ed Ellis. Il focus è sui pensieri e sulle convinzioni disfunzionali come cause dei disturbi emotivi.
Si fa strada il concetto di "triade cognitiva": pensieri negativi su sé stessi, sul mondo e sul futuro. Si ha lo sviluppo di tecniche come la ristrutturazione cognitiva, il diario dei pensieri e gli esperimenti comportamentali, e una maggior attenzione al ruolo dei processi cognitivi come le distorsioni cognitive (es. generalizzazione, catastrofizzazione).
Il limite qui è che pur considerando i pensieri e le emozioni, erano ancora trascurati gli aspetti esperienziali e contestuali.
Terza ondata: approcci contestuali ed esperienziali (anni 90-oggi) La terza ondata della TCC riconosce che il controllo di pensieri ed emozioni non è sempre necessario o sufficiente. Si pone l'enfasi sui valori personali, sull'accettazione, sulla flessibilità psicologica, e sono sviluppati nuovi modelli d'intervento, come:
ACT (Acceptance and Commitment Therapy): promuove l'accettazione delle esperienze interiori e l'azione orientata ai valori.
DBT (Dialectical Behavior Therapy): centrata sulla regolazione emotiva e sull'accettazione, utilizzata soprattutto per il disturbo borderline di personalità.
Mindfulness-Based Cognitive Therapy (MBCT): combina mindfulness e TCC per curare e prevenire le ricadute depressive.
Schema Therapy: integra aspetti della TCC con la teoria psicodinamica per lavorare su schemi cognitivi profondi.
Quindi la TCC è passata da modello che considerava i soli comportamenti a uno più integrato, che cerca di tener conto di comportamenti, pensieri, emozioni e contesto. Lo svantaggio è che se tu vai da un terapeuta oggi, e lui o lei ti dice che fa terapia cognitivo-comportamentale, e basta, non è ancora abbastanza per capire come lavora.
Esistono terapeuti TCC "all'antica", tipo Beck ed Ellis, che usano tecniche hardcore come l'esposizione graduale e il flooding - ciò che in terapia breve strategica è chiamata tecnica delle "peggiori fantasie" - e d'altra parte terapeuti TCC che agiscono in pratica come psicoanalisti o terapeuti psicodinamici. C'è un'ampia variazione riguardo al modo in cui l'idea di "cognitivo-comportamentale" viene interpretata e implementata. E questo, secondo me, è uno svantaggio perché può creare confusione nell'utente.
La terapia strategica breve (TBS)
Nella terapia breve strategica il focus è diverso. L'obiettivo non è tanto analizzare il tuo passato o cambiare i tuoi pensieri, ma capire cosa stai facendo, oggi, che sta mantenendo in vita e alimentando il problema, cioè le cosiddette tentate soluzioni, e interromperle.
Comportamenti, pensieri, emozioni e contesto vengono sempre presi in considerazione in terapia strategica, e l'obiettivo principale è interrompere le tentate soluzioni, che quando non risolvono il problema, lo alimentano, finiscono per diventarne parte integrante.
Supponiamo che tu abbia paura di parlare in pubblico e per questo eviti tutte le occasioni di farlo. Quindi l'evitamento è la tua tentata soluzione principale, che mantiene il problema. Più eviti, più la tua ansia aumenta, perché ogni volta che eviti confermi a te stesso di avere un problema.
La TBS ti aiuta allora a interrompere questo schema, spingendoti a fare piccoli passi, tipo parlare davanti a uno specchio, poi a un amico, e così via, fino a sentirti più a tuo agio. È pratica, diretta e punta a ottenere risultati in poche sedute.
Un altro grande vantaggio della terapia breve strategica è che discende dalla terapia sistemico-relazionale, e quindi eredita e incorpora i modelli per intervenire con efficacia nei problemi relazionali, di coppia e familiari.
Differenze principali fra TCC e TBS
Vediamo in pratica le differenze principali tra queste due terapie.
Durata: La TCC tende a essere più lunga. Può richiedere mesi, a volte anni, perché mira a modificare direttamente pensieri ed emozioni. Le sedute sono di solito settimanali, con un numero totale che può variare da 20 a 50, grosso modo.
La TBS, invece, è come un intervento "chirurgico": va dritta al punto e cerca di risolvere il problema rapidamente, spesso in meno di 10 sedute.
Approccio: La TCC è più analitica, dato che cerca di capire il "perché" dei tuoi problemi, esplorando il legame tra pensieri, emozioni e comportamenti. La TBS è più pratica: si concentra sul "come" risolvere il problema qui e ora.
L'immagine è questa: quando la casa sta andando a fuoco, ciò che importa nell'immediato è il "come" riesci a spegnerla, che è ciò che fa la TBS. Capire il "perché" è scoppiato l'incendio, può essere rimandato a dopo.
Focus: Nella TCC lavori molto su di te: i tuoi pensieri, le tue emozioni, le tue convinzioni. Nella TBS lavori sul problema specifico e su cosa puoi fare per interrompere il circolo vizioso che lo alimenta.
La TBS parte generalmente in modalità problem oriented, cioè ci si confronta direttamente con il problema. Poi, appena si inizia a migliorare, vengono introdotti gradualmente aspetti solution oriented, concentrandosi via via più sul risultato finale desiderato.
Metodo: La TCC utilizza esercizi come il diario dei pensieri, dove annoti le tue emozioni e provi a ristrutturarle.
La TBS utilizza strategie creative, come compiti comportamentali, paradossali o basati sulla dissonanza cognitiva, per spingerti a cambiare prospettiva.
Quale scegliere?
Ora ti starai chiedendo: quale delle due fa per me? Dipende.
Se vuoi esplorare i tuoi pensieri e capirti meglio, la TCC potrebbe essere una scelta. È utile se vuoi lavorare su aspetti più profondi della tua personalità. Una terapia cognitivo-comportamentale moderna può sembrare simile a una psicoterapia psicodinamica o psicoanalitica, in cui l'aspetto del "perché" accadono certe cose ricorre spesso.
Se invece hai un problema specifico che vuoi risolvere rapidamente, la TBS può essere perfetta. È particolarmente indicata per disturbi d'ansia, dell'umore, problemi relazionali, professionali, di studio o difficoltà pratiche.
Per chiarire ancora meglio, facciamo un altro esempio. Immagina di soffrire di ansia sociale.
Con la TCC lavoreresti sui tuoi pensieri, tipo "tutti penseranno che sono stupido". Il terapeuta ti aiuterebbe a capire che questo pensiero è distorto e ti insegnerebbe a sostituirlo con uno più realistico.
Con la TBS, il terapeuta potrebbe chiederti di fare qualcosa di insolito, come entrare in un bar e chiedere un bicchier d'acqua. Questo esercizio ti aiuterebbe a sperimentare che, in realtà, le persone non ti giudicano così severamente come temi.
Conclusione
Queste due forme di terapia non sono in competizione. Sono approcci diversi alle stesse classi di problemi. La cosa importante è capire cosa può essere più adatto a te. Se non sei sicuro, non preoccuparti. Puoi sempre parlarne con uno psicologo, che ti aiuterà a scegliere il percorso più adatto alle tue esigenze.
Alla fine, è il tuo benessere la cosa più importante. Se stai pensando di iniziare un percorso terapeutico hai già fatto un primo, importantissimo passo: riconoscere che hai un problema, che hai bisogno d'aiuto e che vuoi stare meglio. E questa è una scelta coraggiosa.
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Ricorda, prendersi cura di sé è sempre un buon investimento!_