Revisioniamo la nostra dieta d'informazioni (senza fare la fame)

società - 11/01/11

Da millenni l'uomo sa cosa vuol dire sovraccarico d'informazioni. "Troppi libri significano distrazione" ammoniva Seneca, che non aveva da preoccuparsi delle opzioni di privacy di Facebook.

Quello appena trascorso è stato un anno quanto mai allarmista sui danni che la rivoluzione digitale arrecherebbe ai nostri cervelli, pareggiato solo dalla veemenza con cui i difensori di internet hanno pompato i loro argomenti in senso contrario.

Eppure, come ha fatto notare sulla rivista Neuron un team di neuroscienziati, stiamo forse generalizzando troppo. La tecnologia non è un male o un bene di per sé, quindi nemmeno la rete o la televisione. Alcuni programmi televisivi come Dora The Explorer sembrano aiutare i bambini ad apprendere l'alfabeto e l'aritmetica mentre altri, come i Teletubbies no.

Ciò che importa è anche il contenuto, non solo il mezzo.

Il modo migliore di esercitare un po' di controllo di qualità non è spegnere Facebook o Twitter dandosi all'ascesi e alla rinuncia, ma rompere l'incantesimo che li circonda. Email, blog e social network sono solo esempi di condizionamento pavloviano: clicchiamo compulsivamente per vedere se c'è o non c'è la ricompensa: una nuova email o un nuovo post sul forum che ci aspetta.

Programmando ad esempio il controllo dell'email o l'uso di internet a orari fissi, il senso d'incertezza scompare. Si sarà accumulato del nuovo materiale e così ci sarà quasi certamente la ricompensa. E in tal modo la compulsione diminuisce.

Bibliografia:
O. Burkeman. 2011. The Guardian.
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